Su questa incresciosa vicenda sorgono molti interrogativi, in relazione in particolare al possibile mancato scambio di informazioni tra le autorità italiane e sammarinesi. La CSU chiede con forza risposte e interventi immediati, affinché simili situazioni non debbano più ripetersi, assicurando le massime tutele per i più indifesi

La vicenda del 27enne sammarinese condannato in via definitiva in Italia per reati di violenza sessuale aggravata e continuata su quattro minori, solleva tutta una serie di interrogativi, ai quali il sindacato chiede risposte. Com’è possibile che una vicenda giudiziaria iniziata nel 2021, con le prime denunce, per un reato così orribile come la violenza sessuale nei confronti di bambini, sia rimasta sconosciuta sul Titano?
Possibile che in territorio nessuno sia venuto a conoscenza dell’apertura del fascicolo, a carico proprio di un cittadino sammarinese? Possibile non ci sia stata una richiesta di informazioni partita dalla Procura di Urbino, una volta avuta notizia di reato, indirizzata al Tribunale sammarinese per conoscere dati e fedina penale di un cittadino che si è macchiato di un reato così infame?
Risulta che il sammarinese abbia lavorato fino ad agosto di quest’anno nella scuola, nonostante la sentenza avesse definitivamente accertato ad aprile la sua colpevolezza fino al terzo e ultimo grado di giudizio della Cassazione. Ma il 27enne non si era reso reperibile alle autorità italiane, ed ha continuato a vivere e a lavorare a San Marino, fino a quando sabato scorso è stato sorpreso dalla Squadra Mobile di Rimini ad una partita di calcio giovanile in uno stadio riccionese, dove è stato finalmentearrestato e portato in carcere.
Il lavoro che ha svolto, è stato a stretto contatto con i bambini, sia come bidello cuoco, che in attività extra scolastiche sempre a contatto con i giovanissimi.
L’autorità giudiziaria italiana, oltre a chiuderlo in un carcere, tra le altre cose, ha disposto che sia interdetto per sempre da incarichi in scuole o istituti frequentati prevalentemente da minori, insieme al divieto di avvicinarsi a luoghi frequentati dai bambini, al divieto di svolgere lavori a contatto con minori e l’obbligo di informare gli organi di polizia su spostamenti e residenza per un anno.
Misure restrittive doverose e di buon senso. Ma perché non è accaduto lo stesso a San Marino? Perché questo pedofilo ha continuato a lavorare a stretto contatto con bimbi indifesi senza che sia stato preso alcun provvedimento di allontanamento o sospensione nei suoi confronti? Dove si è inceppata la macchina giudiziaria? Dove è mancata la comunicazione tra autorità italiane e sammarinesi? Possibile che non sia partita dall’Italia una richiesta di estradizione?
C’è un altro fatto da evidenziare: l’avvocato difensore del 27enne, ai microfoni di San Marino RTV ha riferito che il suo assistito ha chiesto di scontare la pena nel carcere sammarinese. Anche in questo caso sorge spontanea la domanda: possibile che questa richiesta non sia stata comunicata alle autorità sammarinesi?
Il Titano ha sottoscritto numerose convenzioni internazionali nel campo della giustizia, sia multilaterali che bilaterali, soprattutto con l’Italia; per favorire la cooperazione, la collaborazione, la notifica di atti, il trasferimento dei condannati. Accordi rimasti sulla carta: questo caso ha mostrato tutta la fragilità di queste convenzioni.
CSdL e CDLS chiedono risposte, chiedono interventi immediati, chiedono tutele per i più indifesi, chiedono di sollevare il velo di omertà che troppo spesso, anche in passato, ha coperto crimini orribili.
Lo dobbiamo ai nostri bambini, alle loro famiglie, alla comunità intera.