Ho letto con grande interesse l’articolo dell’Avv. Luigi Lonfernini, che pone una domanda tanto semplice quanto essenziale: è possibile essere fedeli a due padroni?
La cittadinanza non è un atto amministrativo, né un modulo da compilare. È un patto solenne che lega l’individuo alla comunità e alle sue istituzioni.
In San Marino, questo patto si è sempre espresso attraverso due passaggi fondamentali: il giuramento davanti alla Suprema Magistratura e la rinuncia alla cittadinanza di provenienza. Due gesti che non sono mai stati formalità, ma simboli forti di identità, responsabilità e appartenenza.
Oggi, l’ipotesi di attenuare questi vincoli non rappresenta un dettaglio tecnico, ma una scelta politica e culturale che tocca l’essenza stessa della nostra Repubblica. San Marino ha resistito nei secoli perché i suoi cittadini hanno custodito con fedeltà le istituzioni repubblicane, mantenendo saldo quel legame di lealtà esclusiva che ci ha permesso di difendere autonomia e indipendenza.
In un’epoca di globalizzazione, dove le appartenenze si intrecciano, la nostra piccola Repubblica non deve smarrire ciò che l’ha resa unica: una comunità coesa, capace di conciliare apertura e tradizione, ma sempre fondata sulla chiarezza dei doveri e dei diritti.
Non basta risiedere a San Marino: occorre voler essere parte di San Marino.
Come ricordava Alcide De Gasperi, “la democrazia non è il silenzio, è il coraggio di parlare e di confrontarsi”. Tocca ora al Consiglio Grande e Generale assumersi la responsabilità di affrontare questo tema con la massima trasparenza, senza scorciatoie né ambiguità.
Perché, se la cittadinanza diventa un bene scisso dalla fedeltà, allora non è più cittadinanza ma soltanto residenza.
San Marino, 20 agosto 2025
Alessandro Mancini