L’attuale richiesta di referendum nel cuore dell’estate, un periodo tradizionalmente dedicato al relax e lontano dalle tensioni politiche, solleva più di un interrogativo sulla sua reale natura. È evidente che l’iniziativa sia meramente strumentale, specialmente considerando la consolidata prassi legale e storica in materia di accordi internazionali. La legge sammarinese, infatti, non ha mai previsto né richiesto un referendum per la ratifica di intese con altri Stati.
Un Precedente Inesistente
Non si è mai ricorso a questo strumento, né tantomeno se ne è proposta l’idea, in occasioni ben più significative per la Repubblica. Basti pensare al 1991, anno in cui fu siglato l’Accordo di Cooperazione e di Unione Doganale, o al momento cruciale dell’adozione dell’Euro. Anche la radicale trasformazione del nostro sistema finanziario ed economico, con l’eliminazione dei libretti al portatore e dell’anonimato bancario e societario – cambiamenti avvenuti letteralmente “dalla notte alla mattina” – non vide alcuna richiesta referendaria.
Analogamente, non vengono indetti referendum quando, quasi mensilmente, adeguiamo le nostre normative a quelle europee. Questo avviene non per un obbligo esterno, ma per la consapevolezza di essere l’unica Repubblica dell’Europa occidentale fuori dall’Unione Europea e dal Mercato Unico. A differenza di altri piccoli Stati non membri dell’UE, quasi tutti Principati che vivono di un unico settore, San Marino vanta un’economia diversificata, dove il settore produttivo e l’economia reale costituiscono la maggioranza relativa del PIL.
L’Errore del 2005 e i “Sabotatori” del Sistema
Curiosamente, nel 2005, nessuno avanzò la richiesta di un referendum per scongiurare quello che oggi è riconosciuto come l’errore politico più catastrofico nella storia di San Marino: l’affossamento dell’Accordo con l’Italia. Quella decisione scellerata compromise i rapporti con il nostro vicino e portò, come certificato anche dai processi in corso, a un attacco ingiustificato contro Delta e Cassa di Risparmio. Le conseguenze furono drammatiche: una perdita stimata di circa un miliardo di euro e la generazione, seppur con un lieve ritardo, del debito pubblico che oggi ci troviamo a fronteggiare.
Il Partito dei Socialisti e dei Democratici (PSD) ha sempre operato con trasparenza per una maggiore integrazione europea, promuovendo persino l’unico referendum, di indirizzo, per chiedere l’adesione all’Unione Europea. È quindi palese che la critica del PSD non sia rivolta allo strumento del referendum in sé, quanto piuttosto alla sua manifesta strumentalizzazione.
Emerge il legittimo dubbio che nel Paese siano ancora attivi i “sabotatori” della trasparenza, dell’apertura del sistema economico e della capacità di sviluppo basata sulla competenza, sull’interscambio e sulla collaborazione. Questi individui, che sacrificano gli interessi collettivi per favorire quelli di pochi, sembrano essere ancora all’opera.
Verso il Mercato Unico: Una Conquista Storica
Dai tempi della “black list”, la Repubblica di San Marino ha intrapreso un percorso virtuoso, grazie al grande merito della classe politica, imprenditoriale e della cittadinanza tutta, per recuperare credibilità, reputazione e migliorare i rapporti con l’Italia e l’Europa, mantenendo al contempo la stabilità sociale e istituzionale. È in questo contesto, e non in opposizione ad esso, che si inserisce il negoziato e il testo, pubblicato da oltre un anno, dell’Accordo di Associazione.
Se qualcuno auspica ancora una San Marino che non esiste più e che non può ritornare, è giunto il momento che lo dichiari apertamente, invece di celarsi dietro false pretestuose obiezioni all’Accordo o, peggio, di mentire e confondere l’Accordo di Associazione con l’adesione all’UE, omettendo di raccontare il disastro che deriverebbe da un eventuale rifiuto unilaterale dell’Accordo da parte di San Marino.
Il PSD ribadisce il proprio sostegno al Governo e all’intera maggioranza in questa impresa storica: la conquista dello status più importante del secolo, l’ingresso nel Mercato Unico.