L’Accordo di Associazione con l’Unione Europea non è semplicemente un trattato. È la soglia di una nuova stagione per la Repubblica di San Marino, un passaggio storico che interroga tutti: istituzioni, politica, corpi intermedi, cittadinanza.
Il cammino, lungo e complesso, che ha portato alla chiusura del negoziato, trova ora dinanzi a sé tre nodi fondamentali – la definizione dei poteri delle autorità europee di vigilanza (ESA), il cosiddetto clarifying addendum con l’Italia, e la natura giuridica dell’accordo (esclusiva o mista) – che impongono un supplemento di riflessione e unità.
Dalla recente seduta della Commissione Consiliare Affari Esteri, è emersa con forza la consapevolezza che il tempo della firma è anche il tempo delle scelte strutturali. Come sottolineato dal Segretario di Stato agli Esteri Luca Beccari, siamo nella fase in cui «bisogna incastrare tutte le palline rimaste»: una fase che richiede lucidità politica, pragmatismo giuridico e, soprattutto, visione.
Il chiarimento sugli ESA non è un tecnicismo: è la garanzia che la nostra architettura bancaria e finanziaria possa integrarsi efficacemente nel sistema europeo, senza rinunciare a presidiare la sovranità dei nostri strumenti di vigilanza. Il clarifying addendum con l’Italia, a sua volta, non è una nota a piè di pagina: è la chiave per assicurare che l’interlocuzione con il primo partner economico e finanziario di San Marino sia solida, riconosciuta e condivisa.
Sul terzo nodo – la natura dell’accordo – si gioca infine una partita strategica per l’Unione stessa, che attraverso San Marino, Andorra e Monaco sperimenta nuovi modelli di inclusione nel Mercato Unico. L’esito di questo confronto interesserà non solo il Titano, ma l’intera geometria istituzionale europea.
A partire da queste questioni, e con uno spirito che rifugge le semplificazioni e le bandiere ideologiche, emerge una certezza: l’accordo non può più essere lasciato esclusivamente nelle mani dei tecnici e dei negoziatori. Richiede un grande lavoro Paese.
Un lavoro che coinvolga la Pubblica Amministrazione, le imprese, il mondo bancario, i sindacati, i giovani. Perché l’attuazione dell’accordo – quando verrà firmato – chiederà riforme, scelte di campo, investimenti in capitale umano, competenze e infrastrutture. E chiederà soprattutto il coraggio di pensarsi parte di una comunità più ampia: quella europea.
Non è un passo scontato. Né facile. Ma è il passo che San Marino ha scelto di fare. E come ogni scelta storica, domanda coerenza, preparazione e consapevolezza del proprio destino.