“Ma chi sono questi?”: la domanda (anonima) che spunta ogni volta che la verità non piace

da | 26 Ago 2025

È bastato uno screenshot della nostra pagina Facebook per far partire la macchina del sospetto. Nel gruppo “San Marino Risponde”, un utente anonimo ha insinuato che Insider.sm sarebbe una pagina poco chiara, “senza firma” e “senza amministratori”, sollevando dubbi sulla nostra legittimità.
Peccato che le informazioni siano pubbliche, chiare, accessibili a chiunque.

C’è una dinamica che ormai conosciamo a memoria.
Quando pubblichiamo un’inchiesta su incarichi opachi, rapporti ambigui o conflitti di interesse o mettiamo i nomi delle persone condannate o arrestate, i commenti si sprecano: “Bravi!”, “Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno”, “Era ora!”.
Quando invece riportiamo una dichiarazione ufficiale di un Segretario di Stato, o di un cittadino che sostiene una linea politica non gradita al pubblico social, ci trasformiamo all’improvviso in “venduti”, “marionette”, “organo di propaganda”.

E ora, l’ultima evoluzione del sospetto organizzato: un post anonimo pubblicato nel gruppo Facebook San Marino Risponde – spazio utilissimo quando serve a informare, molto meno quando viene usato per insinuare – in cui si commenta la nostra pagina con tono torbido:
“Salve, qualcuno sa chi sono questi? Nessuna firma, nessun amministratore… però scrivono post su San Marino.”

La realtà, ovviamente, è diversa. Ed è pubblica. Basta volerla leggere.

Ci firmiamo ogni giorno. Chi ci accusa, quasi mai.

Insider.sm è una testata giornalistica riconosciuta.
Registrata legalmente come prodotto editoriale di Insider Srls, con sede legale a Parma.
Diretta da Francesca Devincenzi, giornalista professionista iscritta all’Ordine dell’Emilia-Romagna. Il suo tesserino è pubblicato sul sito.
Siamo inoltre regolarmente iscritti alla Consulta per l’Informazione della Repubblica di San Marino, come richiesto dalla Legge 211/2014.

Non abbiamo nulla da nascondere. Abbiamo articoli firmati, fonti verificate, responsabilità legali chiare.
Eppure, il sospetto si insinua sempre nello stesso modo: da profili senza nome, senza volto, senza fonti.

C’è un problema culturale in tutto questo. Perché da un lato si invoca la trasparenza, ma dall’altro si accetta – e si rilancia – l’insinuazione lanciata nell’anonimato.
Da chi? Da utenti che spesso non hanno mai cliccato sulla nostra homepage e si limitano a giudicare una testata da uno screenshot.

L’informazione è benvenuta finché dà ragione

Non possiamo ignorarlo: viviamo in un contesto dove la libertà di stampa viene applaudita solo quando conferma il pensiero di chi legge.
Quando raccontiamo qualcosa che svela meccanismi nascosti, disturbando i piani di potere, siamo dei coraggiosi.
Quando diamo voce a un rappresentante istituzionale, a un sostenitore di un accordo europeo o a un cittadino che la pensa diversamente, diventiamo improvvisamente dei nemici.

Non è una novità. Ma è una distorsione grave.
Il giornalismo non è tifo. Non serve a rassicurare. Serve a informare. Anche quando dà fastidio. Soprattutto quando dà fastidio.

Sappiamo leggere una homepage. Chi ci accusa, forse no.

Nel messaggio pubblicato nel gruppo si legge: “Nessuna firma, nessun amministratore… però scrivono post”.
Basterebbe cliccare su “Informazioni legali” sul nostro sito per trovare tutte le risposte. Basterebbe aprire anche solo un articolo per trovare le firme.
Ma oggi la dinamica è questa: si preferisce suggerire il dubbio anziché verificare il dato.
Perché insinuare costa meno. E funziona meglio.

Eppure, c’è una differenza sostanziale: noi ci firmiamo. Sempre.
Abbiamo una linea editoriale trasparente, pubblica, consultabile.
Non pubblichiamo da dietro un filtro. Non lanciamo allusioni. Non ci nascondiamo nei commenti.

Chi ci attacca, può dire lo stesso?

Continueremo a pubblicare tutto. Anche quello che non vuoi sentire.

A noi interessa raccontare i fatti. Non schierarci, non convincere, non accontentare.
Continueremo a pubblicare inchieste, opinioni, dichiarazioni, posizioni. Tutte. Anche quelle che non vi piacciono.
Perché il nostro compito non è confermare le convinzioni. È informare.

E se un giorno ti troverai a leggere qualcosa che ti fa arrabbiare, non significa che stiamo sbagliando.
Potrebbe significare che stiamo facendo esattamente quello che va fatto.

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