Un pugno nello stomaco, un livido sull’anima, un’eco assordante di silenzi. Sara, un nome fittizio per proteggere una ferita ancora aperta, porta sulla pelle e nel cuore i segni di una violenza subita sul luogo di lavoro nel 2019. Oggi in pensione, rivive con amara lucidità l’incubo di allora, risvegliato dalle cronache recenti di un’altra donna aggredita. “Quello che mi ha ferito è che tutte le persone, politici e associazioni, che ora esprimono solidarietà a questa donna, quando è successo a me hanno fatto finta di nulla”, confida. La sua storia è un grido soffocato, un’accusa alle istituzioni e a una società spesso pronta a indignarsi a comando, ma incapace di ascoltare chi subisce in silenzio. Un racconto che ci interroga sulla reale protezione offerta alle vittime di violenza, sulle lungaggini della giustizia e sulla solitudine di chi lotta per ottenere un minimo di risarcimento e, soprattutto, di giustizia.
“Quello che mi ha ferito che tutte le persone, politici e associazioni, che r esprimono solidarietà a questa donna, quando è successo a me hanno fatto finta di nulla”.
Ci spieghi di più.
“Io ero dipendente pubblica (omettiamo dove lavorava), nel giugno 2019 un collega mi ha aggredito. Fisicamente, non verbalmente. Mi ha lasciato sulle braccia i lividi..se mi avesse preso il collo mi avrebbe ucciso”.
Poi cosa è successo?
“Io sono stata per lungo tempo in malattia. Lui non ha perso un giorno di lavoro…e quando sono tornata me lo sono trovata lì”.
Ha fatto denuncia?
“A politica, istituzioni e al Tribunale. Anche alle associazioni per la difesa delle donne”.
E?
“Nulla, lasciata da sola. Infatti mi fa sorridere che ora si indignino tanto. Spero per questa donna che per lei facciano qualcosa di più”.
Ma in Tribunale?
“Inizialmente hanno archiviato senza nemmeno guardarci dentro, solo quando ho minacciato di ricorrere alla corte Europea mi hanno ascoltato”.
E? “Lui è stato rinviato a giudizio. Poi ha pagato, mi ha dato una cifra ridicola, ma mi dicevano che se chiedevo troppo sarebbe sembrato volessi estorcere denaro”.
Una tombale quindi.
“Rivivo tutto leggendo di questa donna aggredita. :Spero non la lascino solo come hanno fatto con me. Tramite il vostro giornale faccio un appello: se vuole conforto, un consiglio, una spalla… mi contatti”.