Cloud dell’ISS, l’opposizione al governo: “dove finiscono i dati sanitari dei sammarinesi?”

da | 12 Set 2025

Nuovo fronte caldo per la gestione della sanità sammarinese. Dopo l’aggiudicazione a Asso System S.r.l. della gara d’appalto per la “messa in sicurezza dei sistemi informatici dell’Istituto per la Sicurezza Sociale”, le forze di opposizione – Repubblica Futura, Domani Motus Liberi e Movimento Civico Rete – hanno depositato un’interrogazione che mette a fuoco un tema cruciale: la destinazione dei dati sanitari dei cittadini e l’effettiva catena di responsabilità nel servizio di cloud computing.

L’appalto, deliberato il 24 gennaio 2025 dal Comitato Esecutivo ISS, prevede infatti l’utilizzo di virtual machines e, quindi, l’attivazione di una tecnologia cloud per la gestione delle informazioni sensibili. Un passaggio che solleva interrogativi politici e tecnici: dove vengono custoditi i dati sanitari dei sammarinesi? Chi garantisce la loro sicurezza?

Nell’interrogazione i tre capigruppo chiedono al governo di chiarire:

  • se la società Asso System si avvalga di altri operatori o società per fornire i servizi cloud previsti dal bando, e in caso affermativo quali;
  • in quali data center vengano conservati i dati e svolte le attività di back up, disaster recovery e business continuity;
  • quali tipologie di dati sanitari siano state affidate alla gestione della società appaltatrice.

A firmare l’interrogazione sono stati Nicola Renzi (Repubblica Futura), Fabio Righi (Domani Motus Liberi) ed Emanuele Santi (Movimento Civico Rete), che chiedono risposta scritta corredata da evidenza documentale.

Il tema tocca un nervo scoperto: la protezione dei dati sanitari, tra i più sensibili in assoluto, e la scelta di affidarsi a un fornitore esterno con tecnologia cloud. Un modello che, se da un lato garantisce efficienza e continuità del servizio, dall’altro espone il sistema a rischi di localizzazione e controllo dei dati, soprattutto se i server si trovassero fuori dai confini sammarinesi.

Con questa mossa, le opposizioni puntano il dito contro la gestione di un appalto che – dietro la formula “messa in sicurezza” – apre scenari delicatissimi sul fronte della privacy e della sovranità digitale.

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