Intervento di Alice Mina (PDCS) nel comma “comunicazioni” della seduta pomeridiana del Consiglio Grande e Generale del 15 dicembre 2025.
Intervengo con un sentimento di avvilimento e di sconforto, perché assistere a questo dibattito non mi fa guardare al futuro con una certa positività. Lo dico guardando in modo particolare la mia maggioranza e il mio governo, perché è da noi che la cittadinanza si aspetta delle risposte sulla base di un programma di governo che è il fondamento del nostro accordo di legislatura. Tutti affermiamo che siamo qui per lavorare per il bene del Paese, ma io mi chiedo se, con questo atteggiamento, stiamo davvero facendo il bene della nostra Repubblica. Dovremmo essere proiettati verso i prossimi quattro anni di lavoro con determinazione, con visione, con la volontà di portare avanti progetti concreti e riforme importanti. Invece cosa facciamo? Siamo qui a scambiarci frecciatine, scuse, avvertimenti, parliamo di verifiche di maggioranza, di posizionamenti per futuri governi, arriviamo a dirci che non ci sarebbero le condizioni per andare avanti. Eppure io dico che abbiamo tutti gli strumenti per fare le cose. Abbiamo report positivi delle agenzie di rating, valutazioni favorevoli del Fondo Monetario Internazionale, elementi che dovrebbero darci la forza e la responsabilità di proseguire lungo la linea intrapresa. E invece no, troviamo sempre qualcosa per inficiare il percorso virtuoso che dovremmo garantire al nostro Paese. Io ritengo che questo sia un atteggiamento davvero assurdo. Poi ci chiediamo anche perché le persone non vanno più a votare o perché non si candidano alle elezioni. Secondo me la risposta è semplice: perché tradiamo, con il nostro atteggiamento, la fiducia che ripongono in noi. E allora mi chiedo con quale spirito pensiamo di affrontare la discussione sul bilancio di previsione, con quale credibilità pensiamo di misurarci con una sfida strategica come l’accordo di associazione con l’Unione Europea. In questo contesto emerge una nuova presunta questione morale. C’è chi tenta di trascinare il mio partito, la Democrazia Cristiana, dentro una narrazione che guarda al passato per attribuire responsabilità presenti. Ecco, se esistesse una nuova questione morale che riguarda la mia forza politica, non avrei problemi, così come non ne avrebbero i miei colleghi, a denunciarla. Io sono entrata nel partito nel 2009 proprio con l’idea di contribuire a un nuovo modo di fare politica, una politica fondata su onestà, trasparenza e responsabilità, valori che non ho mai considerato negoziabili. Per questo trovo scorretto subire illazioni. La politica deve avere il coraggio della verità. Il confronto pubblico è assolutamente legittimo ed è necessario, ma deve poggiare sui fatti, non sulle ombre. Noi tutti abbiamo un dovere morale: interrogarci sul nostro ruolo, sui messaggi che trasmettiamo, sul clima che contribuiamo a creare nelle istituzioni e, attraverso di esse, nella società. Viviamo una fragilità che attraversa tutti i livelli della società, dalle grandi potenze fino alle piccole comunità, e proprio per questo realtà come la nostra hanno una responsabilità ancora maggiore: dimostrare che un altro modo di fare politica è possibile. Il Consiglio Grande e Generale non è soltanto il luogo della decisione politica, ma è anche un luogo simbolico che riflette e orienta il clima democratico del nostro Paese. È quindi un dovere comune preservare la dignità del confronto istituzionale e rafforzare una cultura del rispetto, dell’ascolto e della mediazione all’interno di regole e valori condivisi. Possiamo decidere se il nostro ruolo istituzionale sia esercizio di vera responsabilità o semplice esercizio di potere. La vera forza della politica sta nella sua capacità di ricomporre, di includere, di dare senso alle cose, ed è un impegno che riguarda tutti noi senza distinzioni. Credo che questo Consiglio abbia il dovere di essere consapevole del proprio ruolo non solo normativo, ma anche di esempio. In un contesto internazionale segnato da crescenti tensioni, la credibilità delle istituzioni passa dalla loro capacità di rappresentare stabilità e fiducia. È a questo livello che la politica può e deve fare la sua parte.




