Tutto sbagliato: i Capifamiglia affondano il referendum sull’UE e tolgono ai cittadini la possibilità di votare

da | 24 Set 2025

Un pasticcio senza precedenti. Il referendum propositivo dei Capifamiglia sull’associazione di San Marino all’Unione Europea è stato bocciato dal Collegio dei Garanti con una sentenza durissima. Non per colpa di tecnicismi o di cavilli, ma per una lunga serie di errori, firme irregolari e superficialità che hanno reso l’iniziativa irricevibile. Risultato: i cittadini, che avrebbero potuto esprimersi su un tema decisivo, sono stati privati della loro voce per colpa di chi ha organizzato male tutto dall’inizio.

Errori da dilettanti: firme, autenticazioni e dati sbagliati

Il Collegio ha messo in fila errori che gridano vendetta:

  • un firmatario non era neanche elettore sammarinese;

  • 11 firme non autentiche o di dubbia autenticità;

  • 7 firme con la lista elettorale indicata in modo errato;

  • altri dati sbagliati su residenze, codici ISS, date e luoghi di nascita.

Alla fine, le firme valide sono risultate 59 invece delle 60 richieste. Non un dettaglio, ma un requisito essenziale della legge. La sentenza parla chiaro: «Difettano, pertanto, i requisiti di ricevibilità della domanda».

Anche il quesito era fuori legge

Non basta. Anche se le firme fossero state valide, il referendum sarebbe stato inammissibile: il quesito non stabiliva principi chiari, ma si riferiva a un testo già negoziato e prossimo alla ratifica. In altre parole, non era un referendum di indirizzo come previsto dalla legge, ma una proposta pasticciata che avrebbe solo creato confusione.

Protestano i Capifamiglia, ma la responsabilità è tutta loro

La risposta dei Capifamiglia è stata di indignazione: parlano di “motivi inesistenti” e di “errori veniali”. Ma il punto è proprio questo: la democrazia si fonda sulle regole, non sull’improvvisazione. E presentarsi con firme sbagliate, dati incompleti e quesiti confusi non significa essere più democratici, significa solo compromettere la possibilità dei cittadini di votare.

Invece di ammettere le proprie mancanze, i promotori accusano i Garanti e gridano al complotto. Ma la realtà è che hanno gestito tutto con un pressapochismo tale da trasformare un’occasione storica in una figuraccia nazionale.

La domanda che resta: perché non affidarsi a un professionista?

Se davvero si voleva dare voce ai cittadini, perché non rispettare fino in fondo la legge? Perché non chiedere il supporto di chi conosce le regole invece di improvvisare? Così facendo, i Capifamiglia non hanno difeso la democrazia: l’hanno tradita.

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