Un disastro annunciato. Il referendum propositivo sull’Accordo di associazione con l’Unione Europea, promosso dal Comitato dei Capifamiglia, è stato dichiarato irricevibile dal Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme con una sentenza durissima che smonta pezzo per pezzo l’iniziativa. Non un dettaglio, non un requisito rispettato: una catena di errori grossolani, superficialità e pressapochismo che hanno reso la richiesta priva di ogni fondamento giuridico.
Firme non valide e autenticazioni mancanti
Il Collegio è netto: solo 59 firme valide contro le 60 richieste dalla legge. Nel dettaglio, come accertato dall’Ufficio Elettorale e ribadito in sentenza:
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uno dei sottoscrittori non era neppure elettore sammarinese;
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11 sottoscrizioni risultano non autentiche o di autenticità dubbia;
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altre 7 firme prive della corretta indicazione della lista elettorale di iscrizione.
Il risultato? Una valanga di irregolarità che hanno reso la domanda irricevibile fin dall’inizio. I Garanti lo scrivono nero su bianco: «Difettano, pertanto, i requisiti di ricevibilità della domanda».
Non solo firme: anche il quesito era inammissibile
Il Collegio ha voluto chiarire che, anche se la domanda fosse stata ricevibile, il referendum sarebbe stato comunque inammissibile per motivi sostanziali. Il quesito presentato non indicava in modo chiaro e univoco principi e criteri direttivi, ma si limitava a generare confusione: chiedeva ai cittadini di esprimersi su un testo già negoziato e prossimo alla ratifica, non su una linea politica da intraprendere.
In pratica, invece di guidare una scelta di indirizzo, come previsto dalla legge, i promotori hanno confezionato un quesito che appariva come una campagna di dibattito mal dissimulata, priva di chiarezza e priva di base giuridica: «Il quesito, ove anche lo si volesse considerare ricevibile, sarebbe in ogni caso inammissibile» recita la sentenza.
Superficialità e impreparazione
Il Collegio ha rimarcato che i requisiti formali – autenticità delle firme, correttezza dei dati, chiarezza del quesito – non sono meri formalismi, ma garanzie fondamentali per la democrazia diretta. Ignorarli significa minare la serietà dello strumento referendario e tradire la fiducia dei cittadini.
Questa volta la bocciatura non lascia spazio a interpretazioni: il referendum dei Capifamiglia è stato costruito male nelle fondamenta e confuso nelle intenzioni. Il verdetto parla da solo: “irricevibile”.