Il 23 settembre resterà scritto a fuoco nella politica sammarinese: oltre 10mila persone hanno riempito il Pianello per dire no a una riforma IGR che non piace a nessuno. Lavoratori e imprenditori, frontalieri e pensionati, spalla a spalla come raramente si è visto. Un Paese intero si è fermato per gridare che questa legge non è una riforma, ma una stangata mascherata.
Il segnale è inequivocabile: qui non si tratta di piccole contestazioni. Questa è una bocciatura collettiva. La riforma obbliga tutti a “smaccare” 6.000 euro per non perdere benefici, penalizza chi ha redditi bassi, aumenta l’IGR dell’1% sulle imprese e ritocca il TFR a sfavore dei lavoratori. Risultato? Chi vive di stipendi e chi mantiene le aziende si ritrova entrambi con meno ossigeno. Se l’obiettivo era unire, Gatti ci è riuscito: ha creato un fronte comune di scontenti universali.
Sul Pianello i cartelli erano chiari: “Vergogna”, “Ritirate tutto”, “Esci fuori”. E a questo punto la scelta per il Segretario alle Finanze è semplice: o fa retromarcia immediata, oppure prepara il trasloco. Perché andare avanti con questo testo significa solo una cosa: alle prossime elezioni, i voti dovrà andarli a chiedere proprio a chi ieri lo fischiava sotto l’ufficio. Buona fortuna.
E se qualcuno nella maggioranza pensa che basti tirare dritto, faccia un favore a se stesso: provi a presentarsi dopo con la mano tesa a chi oggi viene spremuto. Risposta garantita: un portone chiuso in faccia. Chi si vuole salvare, cominci a defilarsi. Gli altri si attacchino pure alla poltrona, ma sappiano che la memoria degli elettori dura più di qualsiasi mandato.
Alla fine un merito a Gatti bisogna riconoscerlo: è riuscito dove nessun altro aveva osato, unire un Paese intero contro la sua riforma. Un talento raro, ma letale.