La chiamano riforma, ma di fatto è una stangata. Ogni volta che i conti dello Stato non tornano, la politica trova la scorciatoia più facile: frugare nelle tasche dei sammarinesi. E questa volta lo fa con la nuova IGR, presentata come equa e moderna, ma che nella realtà scarica il peso sempre sugli stessi: lavoratori, pensionati, famiglie.
È il solito schema: obblighi assurdi come spendere almeno 6.000 euro in territorio per ottenere detrazioni complete, tasse raddoppiate persino sul TFR, penalizzazioni ai frontalieri. Tradotto: i cittadini diventano il bancomat ufficiale della Repubblica.
Ma la verità è che questo metodo non funziona. Se una famiglia con due stipendi da 1.500 euro al mese deve affrontare spese per 4.000, non risolve nulla togliendo Netflix o saltando una pizza. Non serve risparmiare: serve guadagnare di più. E per uno Stato vale lo stesso.
Invece di spremere sempre chi è già alla canna del gas, bisogna portare soldi da fuori. È lì che si fa la differenza: imprenditori esteri che investono, aziende nuove che aprono, capitali freschi che entrano e restano qui. Ogni impresa che arriva significa stipendi, contributi, tasse che aumentano senza mettere ancora più pressione su chi lavora e vive qui.
Il problema vero è la burocrazia soffocante. Aprire una società a San Marino oggi significa perdersi in un labirinto di notai, licenze, permessi e tempi biblici. Così non siamo attrattivi, così respingiamo i soldi invece di farli arrivare.
La soluzione è semplice e concreta: snellire le pratiche, digitalizzare tutto, abbattere i costi iniziali, rendere facile e veloce investire qui. Solo allora potremo abbassare davvero le tasse ai sammarinesi, anziché inventarci ogni volta nuove gabole per far quadrare i conti.
La riforma IGR non è equità, non è modernità: è solo un altro modo per rapinare chi lavora onestamente. Se davvero vogliamo cambiare le cose, la direzione è chiara: basta bancomat interni, i soldi vanno presi da fuori.