Riforma IGR: scontro sui numeri tra maggioranza e opposizione. In Consiglio inizia l’esame dell’articolato (il report del 3 novembre – pomeriggio)

da | 3 Nov 2025

La seduta odierna parte dalla discussione sul comma economico (riforma IGR in II lettura, ratifica del Decreto 125 sull’emissione di titoli e Pdl quadro sulle emissioni). Sulla riforma dell’Imposta Generale sui Redditi, la maggioranza ha rivendicato il risultato politico dell’accordo con i sindacati e la finalizzazione degli emendamenti condivisi.

Manuel Ciavatta (Pdcs) ha proposto di “illustrare gli emendamenti e andare subito al voto”, per chiudere rapidamente: “È uscito vincitore il Paese dalla capacità di dialogo”. Per Giuseppe Maria Morganti (Libera) il percorso è stato “altamente democratico” e il testo oggi “è efficace, giusto, equilibrato”, con controlli più incisivi e la trasformazione delle deduzioni in detrazioni. Dalla Dc, Marinella Chiaruzzi ha richiamato il valore del prelievo per reggere welfare, sanità e scuola, chiedendo più coinvolgimento e spending review. Sandra Stacchini (Pdcs) ha ammesso errori “sui tempi e sullo squilibrio iniziale sui frontalieri”, ma ha difeso l’impianto correttivo “a tutela dei redditi medio-bassi”. Dal Psd, Gerardo Giovagnoli ha parlato di “legge non come le altre”, frutto di un compromesso sociale, con effetti di equità misurabili: “Sotto i 12.500 euro non si paga nulla in più; tra 12 e 25 mila l’aggravio massimo è 86 euro; tra 25 e 35 mila c’è persino una riduzione”. Michele Muratori (Libera) ha legato la riforma alla credibilità sui mercati: “Piccolo sacrificio oggi per rinegoziare il debito a tassi migliori”.

Tra i Segretari di Stato, Pedini Amati ha insistito sui controlli: “Tra uno o due anni voglio vedere i controlli fatti, non solo scritti”, e ha chiesto chiarimenti sulle deduzioni delle polizze vita. Maria Luisa Berti (Ar) ha indicato sei priorità post-IGR: vera equità, lotta al nero, contenimento spesa e qualità dei servizi. Giovanna Cecchetti (indipendente) ha rivendicato l’estensione della SMAC e i “controlli automatici sotto i 15.000 euro in tre anni”. Dura l’opposizione. Rete parla di riforma “nata male e corretta dalla piazza”. Emanuele Santi attacca: “Il testo di luglio discriminava 8.600 frontalieri, non era progressivo e colpiva dipendenti e pensionati. A ottobre avete accettato in blocco la proposta del sindacato”. Sui poteri regolamentari: “La delega in bianco dell’articolo 50 esautora il Consiglio”. Giovanni Maria Zonzini chiede stime scritte: “Dateci un prospetto: almeno un intervallo di confidenza”. Gian Matteo Zeppa ironizza: “Avete fatto il ‘se-la-va’: ci avete provato, poi vi ha fermato la piazza”. Per Domani–Motus Liberi (D-ML), la riforma resta squilibrata sul sistema produttivo. Fabio Righi: “Vi lodate di aver chiamato i soccorsi dopo aver dato fuoco alla casa. L’1% aggiuntivo è un carico generalizzato su chi produce”. Gaetano Troina contesta le finalità: “Parlate di riequilibrio tra categorie, ma non esiste nessun quadro ufficiale che lo dimostri”. Mirko Dolcini: “Avete offeso cittadini e frontalieri: servivano prima spending review e sviluppo, non mettere le mani in tasca”. Carlotta Andruccioli: “Con più umiltà potevate dire ‘siamo partiti male’. Non ci chiedete ora di firmare emendamenti scritti nelle segrete stanze”. Repubblica Futura (Rf) rimarca il metodo e l’assenza di visione. Andrea Menicucci parla di “narrazione artificiale”: “10.000 persone in piazza vi hanno costretto a cambiare”. Nicola Renzi definisce l’esito “una marmellata senza progettualità” e avverte: “Non voteremo a scatola chiusa una riforma di cui non conoscete il gettito”. Matteo Casali giudica “essenziale” formalizzare i saldi: “Non potete parlare di riequilibrio senza tabelle”. Antonella Mularoni rincara: “Come si imposta il bilancio 2026 senza proiezioni? ‘Dipende, si vedrà’ non è una risposta”. Sara Conti respinge la tesi della mancata collaborazione: “In Commissione avete tirato dritto; chiamarci tre ore prima con un SMS non è confronto”. Katia Savoretti: “Il testo migliorato non è merito vostro ma di chi ha scioperato”. Sul merito finanziario, Luca Lazzari (Psd) ha ricordato che l’urgenza nasce dall’accesso ai mercati: “Non è obbedienza al FMI, è credibilità”. Luca Boschi (Libera) ha ricostruito nel dettaglio le cifre e le modifiche tra le varie versioni del provvedimento, fornendo la stima più articolata della giornata: “La prima versione prevedeva 20 milioni di gettito: 10 dai lavoratori dipendenti, di cui 8,5 milioni dai frontalieri, e altri 10 milioni da imposte e misure accessorie. La seconda versione, dopo settembre, ha corretto la discriminazione sui frontalieri ma ha comportato una perdita di circa 5 milioni, compensata con l’aumento dell’1% dell’imposta generale. La terza versione, frutto dell’intesa con i sindacati, ha introdotto nuove tabelle e l’equiparazione dei frontalieri, determinando un’ulteriore perdita di 2-3 milioni, portando il gettito stimato complessivo a 17 milioni di euro”. Opposizioni scettiche sui numeri: Giovanni Zonzini (Rete) ha chiesto “proiezioni scritte”, mentre Matteo Casali (Rf) e Antonella Mularoni (Rf) hanno denunciato l’assenza di un prospetto ufficiale: “Come si fa a impostare il bilancio senza stime?”. Il Segretario alle Finanze Marco Gatti ha respinto le accuse: “Criticare è facile – ha detto rivolgendosi all’opposizione – ma trovare un punto di incontro per modificare una legge fiscale è complesso. Non so se questa sia la miglior riforma, ma era la riforma possibile.” Ha assicurando che “gli effetti saranno monitorati trimestre per trimestre”. Il Segretario ha anche respinto i tentativi di collegare la riforma al caso Ente Cassa di Faetano: “Mi sembra assolutamente ridicolo sentire questi parallelismi. È un’altra partita. Guardiamo al merito del provvedimento.” In chiusura è partito l’esame dell’articolato con sei consiglieri di opposizione ad intervenire sull’articolo 1 (Finalità). I lavori ripartiranno in seduta serale alle 21:00.

QUI IL REPORT INTEGRALE A CURA DI ASKANEWS

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