Secondo la Procura di Rimini, l’uomo avrebbe costretto la moglie ad avere rapporti sessuali completi in almeno cinque occasioni, minacciandola con un coltello e prospettandole la morte, affermando che l’avrebbe uccisa “come altri uomini marocchini hanno fatto con le loro donne”. Una ricostruzione accolta dal tribunale collegiale di Rimini che, nella mattinata odierna, ha dato seguito alla richiesta del pubblico ministero Luca Bertuzzi, condannando l’imputato, un cittadino marocchino di 57 anni, a otto anni di reclusione.
La donna, residente nel Riminese, si era presentata in caserma nel novembre del 2023 per sporgere denuncia contro il marito, raccontando un lungo periodo segnato da prevaricazioni, umiliazioni e violenze. L’uomo, con un passato da militare nel Paese d’origine, non avrebbe accettato lo stile di vita della moglie, giudicato troppo occidentale. Le contestava il rifiuto di indossare il velo e la accusava di essere arrivata in Italia per prostituirsi, ripetendole che non era “una buona madre e un buon esempio per le figlie”.
In un primo momento la donna aveva deciso di allontanarlo da casa, salvo poi riaccoglierlo dopo un lungo periodo di separazione, nel tentativo di preservare l’unità familiare. Con il rientro dell’uomo, tuttavia, sarebbero riprese le violenze e le percosse, accompagnate dall’uso del coltello come strumento di minaccia.
Nel corso del processo, l’imputato, difeso dall’avvocata Simona Conti, ha respinto le accuse proclamandosi innocente. La moglie, però, ha fornito un racconto ritenuto credibile e dettagliato, supportato anche da un certificato medico che attestava le lesioni riportate dopo uno dei litigi. La sentenza di condanna ha confermato la ricostruzione accusatoria.




