È successo ieri e già nelle ultime ore circolano commenti indignati che accusano i Garanti di aver “ucciso la democrazia”. Secondo alcuni, la sentenza che ha bocciato il referendum sull’Accordo di associazione con l’Unione Europea sarebbe viziata da ritardi, cavilli e formalismi. Ma basta leggere la decisione per capire che siamo davanti a un copione già visto: scaricare la colpa sugli altri per coprire errori clamorosi commessi dai promotori stessi.
Il falso mito del “ritardo”
Uno degli argomenti più usati è che la sentenza sarebbe arrivata oltre i termini previsti dalla legge. Falso. L’udienza era il 1° settembre, il termine massimo era il 21.
Ma il 21 cadeva di domenica: la legge prevede che in questi casi il termine slitti al primo giorno utile successivo.
Ed è infatti il 22 che la sentenza è stata depositata, regolarmente e senza alcuna violazione.
Il paragone col 2010 che non regge
C’è chi cita un referendum del 2010 per dire che il quesito di oggi doveva essere ammesso.
Peccato che i due casi non c’entrino niente.
Allora si trattava di un indirizzo politico generale (“volete che San Marino chieda di entrare nell’UE?”), oggi invece di un testo già negoziato e prossimo alla ratifica. La legge lo vieta chiaramente: si può chiedere un indirizzo politico, non bloccare o approvare un trattato già scritto. I Garanti non hanno inventato nulla, hanno solo applicato le regole.
Le firme non erano “veniali”, ma irregolari
Altro punto: le firme escluse. Secondo alcuni erano errori trascurabili. Ma la sentenza è chiarissima:
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un sottoscrittore non era neppure elettore;
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11 firme non autentiche o di autenticità dubbia;
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7 firme senza la corretta indicazione della lista elettorale.
Non si tratta di formalismi, ma di condizioni essenziali previste dalla legge per garantire che chi firma lo faccia davvero e che la volontà popolare sia certa. Senza questi requisiti, la domanda non può esistere.
La vera verità
La democrazia non è “se sbagli va bene lo stesso”. La democrazia è rispetto delle regole. E la sentenza ha dimostrato che le regole sono state ignorate con superficialità. Chi oggi grida al complotto non fa che nascondere la realtà: il referendum è saltato per colpa di errori insuperabili, non per un attacco alla sovranità popolare.
Chiunque abbia davvero a cuore la voce dei cittadini dovrebbe pretenderne la tutela attraverso strumenti seri e corretti, non con improvvisazioni che finiscono per tradirla.