Referendum sul Referendum: quanto ci costa Il teatrino politico sull’Europa?

da | 10 Set 2025

Un referendum per decidere se si debba fare un altro referendum. Sembra una barzelletta, ma è realtà. A San Marino si sta consumando l’ennesimo spettacolo politico autoreferenziale, con al centro un quesito che ha dell’incredibile: consultare i cittadini non sull’accordo di associazione con l’Unione Europea, ma sull’opportunità di essere consultati.

Un gioco di specchi che offende il buon senso e insulta l’intelligenza collettiva di un Paese che, sulla carta, dovrebbe muoversi verso l’Europa con decisione e chiarezza, non con manovre da teatro dell’assurdo.

L’iniziativa nasce da una forza politica minoritaria che, incapace di prendere posizione sull’accordo con l’UE, ha pensato bene di scaricare la responsabilità sui cittadini, ma non in modo diretto. Il quesito proposto chiede semplicemente: “Volete che la popolazione si esprima con un referendum sull’accordo?”. Solo in un secondo momento, eventualmente, si farebbe il vero referendum.

Il risultato? Un doppio passaggio, due campagne elettorali, due tornate alle urne, due sprechi di denaro pubblico. Tutto per decidere una volta sola.

I Costi Della Democrazia (Male Usata)

Nel 2016, un referendum è costato allo Stato circa 275.000 euro. Le voci di spesa sono note: stampa e spedizione delle schede, allestimento dei seggi, compensi al personale, ristorazione, comunicazione istituzionale. Ogni consultazione ha il suo prezzo, e quando lo scopo è serio, nessuno lo mette in discussione. Ma quando il fine è politico e pretestuoso, il conto diventa un insulto.

Oggi ci troviamo davanti a una consultazione che, nel migliore dei casi, non serve a nulla, e nel peggiore crea solo confusione e tensione istituzionale. E a pagare, come sempre, saranno i cittadini.

Nessuna Posizione, Nessuna Proposta

I promotori di questa trovata si dichiarano “neutrali”: non sono né per il Sì né per il No all’Europa. Vogliono solo “chiarezza”. Ma la chiarezza non si ottiene con passaggi inutili, né tantomeno con formule linguistiche contorte che allontanano il dibattito dal merito. A oggi, non è stata fornita nessuna informazione concreta sui presunti vantaggi o svantaggi dell’accordo UE, nessun dossier tecnico, nessun confronto serio.

La sensazione è che si voglia solo prendere tempo, trasformando un passaggio epocale per San Marino in un gioco a perdere, dove l’unico vero risultato è la paralisi.

Questo tipo di consultazione rischia di diventare un precedente devastante. Per ogni decisione complessa, basterà lanciare un referendum sul diritto di votare, creando una spirale infinita di votazioni, spese, propaganda e immobilismo.

La democrazia non è un giocattolo da agitare quando conviene, e un referendum non è un contenitore vuoto da riempire con strategie mediatiche. È uno strumento serio, da usare quando serve davvero. E oggi, con le casse pubbliche sotto pressione e il futuro europeo in bilico, l’unica cosa che non serve è questo teatrino istituzionale.

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