Raul James: quando lo Stato dorme, i pedofili giocano coi nostri figli

da | 10 Set 2025

Un pedofilo tra i bambini, mentre istituzioni e controlli guardavano altrove

Per quattro anni un uomo condannato in Italia per abusi su minori ha potuto vivere e lavorare indisturbato a San Marino. Non in un ufficio isolato, ma nelle scuole, negli oratori, persino sui campi da calcio. In mezzo ai bambini. Mentre la giustizia italiana lo processava e lo condannava, qui nessuno sembrava sapere nulla.

E allora la domanda è una sola: com’è stato possibile?

Autocertificazioni al posto dei controlli: per lavorare in Repubblica bastava un foglio firmato: un’autocertificazione in cui dichiarava di non avere carichi pendenti. Nessuno ha verificato, nessuno ha chiesto oltre. Risultato? Un condannato per pedofilia cucinava nei nidi e frequentava i corridoi delle scuole, a stretto contatto con i più piccoli.

Sport e oratorio: porte spalancate. Con un patentino UEFA C in tasca, revocato solo ad agosto 2025, James allenava ragazzini e faceva l’animatore in parrocchia. Non un sospetto, non un allarme. La Federcalcio dice di non saperne nulla, la Diocesi prende le distanze, lo Stato minimizza. Tutti dicono di non essere responsabili. Ma intanto i bambini erano lì.

L’estradizione che non arriva mai: dal 24 aprile 2025 la Procura di Urbino aveva emesso l’ordine di carcerazione. A giugno parte la richiesta di estradizione verso San Marino. Risultato? Per mesi l’uomo resta libero. Solo un post sui social lo tradisce e porta all’arresto in Italia, non certo la vigilanza del Titano.

Il paradosso del registro dei pedofili

Nel 2022 qualcuno aveva proposto di istituire un registro per monitorare i condannati per reati sessuali sui minori. L’istanza fu respinta con sufficienza dal Consiglio Grande e Generale. Troppa burocrazia, troppi scrupoli di privacy. Oggi sappiamo quanto è costata quella scelta.

La rabbia dei genitori

Le famiglie non ci stanno più. Parlano di omertà istituzionale, di risposte fumose, di responsabilità mai assunte. E chiedono una commissione d’inchiesta vera, non comunicati di circostanza. Perché se un pedofilo è riuscito a restare anni accanto ai loro figli senza che nessuno muovesse un dito, non basta dare la colpa a un “bug di sistema”.

Questo non è solo un caso giudiziario, ma uno scandalo politico e istituzionale. La Repubblica deve scegliere: continuare a minimizzare o ammettere che qualcuno ha fallito clamorosamente.

Perché la verità è semplice: se le regole non cambiano subito, allora il silenzio e l’inerzia diventano complicità.

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