La violenza sulle donne non termina necessariamente con la fine di una relazione. È un fenomeno che può continuare nel tempo, assumendo forme diverse e insinuandosi nella quotidianità delle vittime anche dopo denunce, sentenze e interventi delle istituzioni. Nel nuovo comunicato diffuso oggi, la CSdL richiama l’urgenza di un approccio più completo e strutturato, che includa percorsi obbligatori per gli uomini maltrattanti e un coordinamento stabile tra tutti i servizi coinvolti.
In apertura, la CSdL sottolinea un principio ormai condiviso da molti operatori del settore: “Anche l’uomo maltrattante deve seguire obbligatoriamente e in maniera strutturale percorsi di responsabilizzazione, controllo e trattamento, altrimenti in molti casi la donna continua senza sosta a subire vessazioni e intimidazioni, ben oltre le mura di casa.”
Secondo la Confederazione, l’efficacia delle misure di protezione rimane limitata se non si interviene direttamente sul comportamento dell’autore delle violenze.
La descrizione del fenomeno è netta:
“C’è una violenza che non finisce con la fine di una relazione. È quella che continua a insinuarsi nella quotidianità delle donne, anche dopo aver trovato il coraggio di dire ‘basta’. Una violenza fatta di intimidazioni, ricatti, persecuzioni, e di un controllo che si estende ben oltre le mura domestiche – fino ai social, fino agli amici, fino ai figli, fino alle persone care.”
Il comunicato evidenzia come minacce, appostamenti, manipolazioni e diffamazioni possano proseguire anche dopo provvedimenti giudiziari. Si tratta di comportamenti che colpiscono non solo la donna, ma anche il suo intero sistema di relazioni: amicizie, famiglia, colleghi diventano spesso bersaglio di ulteriori pressioni e ritorsioni.
Un passaggio specifico riguarda i figli, spesso coinvolti in dinamiche di conflitto e strumentalizzazione:
“Accade così che i bambini vengano trascinati in conflitti più grandi di loro, diventando strumenti di ricatto o di vendetta.”
Il comunicato riconosce inoltre che, al di fuori del contesto della violenza sulle donne, esistono anche casi in cui alcuni padri subiscono ostacoli al diritto di visita sancito dalle sentenze.
La CSdL richiama l’attenzione sulla necessità di un cambio di paradigma: non può essere solo la vittima a dover modificare la propria vita, cambiare casa o affrontare percorsi terapeutici. Serve un intervento sistemico capace di includere anche chi commette la violenza.
“Occorre una rete stabile e coordinata tra servizi sociali, forze dell’ordine, magistratura e centri antiviolenza; le donne non vanno mai lasciate sole a gestire situazioni di pericolo e sofferenza. La prevenzione deve diventare una priorità.”
La Confederazione sottolinea che la Repubblica di San Marino ha già compiuto passi significativi, ma ora è necessario stabilizzare e rafforzare le misure esistenti: percorsi obbligatori per i maltrattanti, più risorse ai centri antiviolenza, protocolli unificati tra servizi, e applicazione rigorosa delle disposizioni giudiziarie.
Il messaggio conclusivo è affidato a una dichiarazione esplicita:
“La violenza non finisce quando una donna lascia un uomo violento. Finisce solo quando quell’uomo viene messo nelle condizioni di non nuocere più – e questo accade solo se la società, tutta insieme, se ne assume la responsabilità”, afferma la CSdL.
La Confederazione ribadisce che solo una responsabilità condivisa tra istituzioni, forze dell’ordine e servizi socio-sanitari potrà realmente interrompere quella che definisce “una storia infinita”.




