La denuncia – Il professore Oliviero Mazza e l’avvocata Rossella Ognibene, difensori della principale imputata nel processo “Angeli e Demoni”, sono stati denunciati per calunnia per aver sollevato un’eccezione in aula. La Procura di Reggio Emilia, pur avendo inizialmente archiviato il caso come non costituente notizia di reato, ha ora inviato gli atti ad Ancona.
La contestazione dei due legali riguardava la legittimità delle consulenze prodotte dall’accusa. In particolare, Mazza e Ognibene hanno eccepito la presenza delle consulenti durante le audizioni dei minori nel 2018, prima che fosse loro conferito un incarico formale. Per questo motivo, i difensori avevano chiesto l’inutilizzabilità di tali atti, richiesta contenuta anche in una memoria depositata in udienza.
Il professor Mazza, aveva sollevato un interrogativo chiave: “A che titolo hanno partecipato, visto che vengono nominate consulenti solo nel 2019? O erano ausiliari del pm, e in quel caso sarebbero incompatibili con la consulenza tecnica, o non avevano titolo per partecipare alle sit, il che rappresenterebbe una violazione del segreto”. Un ragionamento ipotetico, secondo la difesa.
Tuttavia, per il procuratore Gaetano Paci, Mazza e Ognibene avrebbero commesso il reato di calunnia, accusando la pm Valentina Salvi di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto. La pm Salvi aveva replicato sostenendo che la presenza di un esperto in psicologia “risulta prevista dall’articolo 362, comma 1 bis c.p.p. a prescindere dal conferimento di un incarico”.
L’eccezione difensiva era stata respinta dal collegio giudicante, ma la questione non si è chiusa per il procuratore Paci. Secondo quest’ultimo, la vicenda sarebbe diventata di dominio pubblico, causando discredito all’attività della dottoressa Salvi, definita “criminosa”. Da qui la trasmissione degli atti alla Procura di Ancona per la valutazione del caso. Il pm di Ancona, che ha chiuso le indagini il 19 maggio, nella sua delega alla polizia giudiziaria ha definito ausiliaria la stessa consulente oggetto dell’eccezione difensiva, quasi a rispondere all’interrogativo posto da Mazza in udienza.
Duro il commento dell’Unione delle Camere Penali (UCPI), che ha espresso “grave preoccupazione”, parlando di creazione di una nuova figura di reato, il “delitto di difesa“. I penalisti hanno sottolineato come l’iniziativa della Procura consideri i due legali responsabili di calunnia per aver riferito in aula “il fatto storico incontrovertibile che le due psicologhe avevano partecipato all’assunzione di sommarie informazioni testimoniali prima di essere nominate consulenti tecnici”. Hanno inoltre spiegato che i difensori hanno utilizzato un “argomento per assurdo” per avvalorare l’eccezione, evidenziando che, se le psicologhe non fossero state ausiliarie, non avrebbero avuto titolo a partecipare a un’attività d’indagine segreta, configurando una violazione del segreto d’ufficio.
Il Tribunale di Reggio Emilia aveva respinto la richiesta di incompatibilità basandosi su un diverso orientamento giurisprudenziale, “ribadendo l’oggettiva veridicità dei fatti posti a base dell’eccezione, ossia che le psicologhe hanno partecipato all’assunzione delle sommarie informazioni prima della loro nomina a consulenti tecnici”.
Secondo l’UCPI, a rendere ancora più grave la vicenda è la tempistica: l’avviso di conclusione delle indagini per calunnia è stato notificato ai difensori in coincidenza con l’inizio delle loro arringhe difensive nel dibattimento. Questa tempistica, secondo le Camere Penali, appare “oggettivamente idonea a generare un effetto dissuasivo, se non addirittura intimidatorio, rispetto all’esercizio della funzione difensiva”.
L’iniziativa è stata definita “improvvida” dall’UCPI, in quanto andrebbe a incidere “sulla libertà e pienezza del mandato difensivo”. Tali azioni, “non nuove anche in questo processo”, sono considerate “del tutto incompatibili con l’esercizio libero e indipendente della professione forense in un ordinamento democratico” e “minano il diritto ad un giusto processo e quindi l’essenza stessa dello Stato di diritto”.
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione della professione legale
La Giunta e l’Osservatorio avvocati minacciati hanno evidenziato un grave vulnus sul piano sistemico, “proprio a pochi giorni dalla firma da parte dell’Italia della nuova Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione della professione legale”. Questo strumento, “vincolante per gli Stati firmatari”, all’articolo 6 prevede “che gli avvocati non possano subire conseguenze negative per le dichiarazioni rese in buona fede nell’esercizio della difesa”, garantendo all’articolo 7 “la libertà di espressione degli avvocati nell’ambito del procedimento” e imponendo agli Stati, all’articolo 9, “l’adozione di misure protettive contro ogni forma di minaccia, intimidazione o indebita interferenza nell’esercizio della professione”.
Il commento dei difensori
Nonostante la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini proprio nel mezzo della discussione, il professor Mazza ha commentato a Il Dubbio: “siamo sereni e stiamo difendendo al meglio la nostra assistita. Terminata la discussione di questo maxi processo, ci dedicheremo agli addebiti che ci vengono mossi, convinti che il diritto di difesa non possa mai essere un delitto”. Ha ribadito: “Abbiamo semplicemente esposto una tesi giuridica fondata su dati inoppugnabili, l’argomento per assurdo è stato decontestualizzato e travisato, la nostra tesi è sempre stata quella che la qualifica processuale delle psicologhe, prima dell’incarico consulenziale, fosse quella di ausiliari del pm, con conseguenti incompatibilità. Un’eccezione difensiva, fondata su dati veri, non potrà mai configurare reato”.