“Decreto bevande da truffa, nuovo caso Long Drink. Il governo tutela i suoi amici e parenti?”

da | 16 Mag 2025

64 milioni di euro nel 2022, 104 nel 2023, addirittura 170 l’anno scorso. Il fatturato dell’export nel settore bevande ha numeri da boom economico. O da truffa.

Da tempo RETE sente e segnala la puzza di bruciato che sale da un settore pi˘ volte definito a rischio. Il Governo invece ha deciso di muoversi solo ora che siamo verosimilmente alla vigilia di un nuovo caso “Long Drink”.

Il Decreto bibite discusso mercoledì in Aula arriva colpevolmente tardi, quando il danno ormai è fatto e, quel che è peggio, rischia di punire le imprese sane, che hanno sempre lavorato rispettando le regole.

Il Decreto infatti prevede l’IVA prepagata sopra a certi livelli di fatturato e ad un certo numero dei dipendenti. Definiti parametri e scaglioni, aggirarlo è un gioco da ragazzi: basta assumere parenti e amici per arrivare al tetto dei 5 dipendenti e tornare a fatturare milioni inesenzione.

Previsione? I disonesti si staranno già attrezzando per bypassare il vincolo, mentre chi ha sempre operato con correttezza si troverà a dover prepagare una imposta italiana e a subire la concorrenza sleale dei mascalzoni.

Se poi parliamo di controlli siamo alle comiche. Il Decreto non li mette in capo ad un ufficio pubblico garante ma alla figura di un revisore – privato – che dovrà emettere il “visto di conformità” nei confronti della stessa azienda che lo stipendia!

Si accettano scommesse su quanti saranno i visti negati.

Ci siamo stancati dei giochini di questo Governo: se hanno amici o conoscenti nel settore da “tutelare” lo dicano chiaramente e ci risparmino le baggianate che portano in Aula.

Comunicato Stampa Rete 

LONG DRINK, LA PRIMA INCHIESTA (dalle cronache del 2007) – La prescrizione seppellisce ‘Long drink’. La maxi inchiesta sulla colossale truffa all’Iva costata un patrimonio in fatica e intercettazioni e che vide sfilare in manette fior di imprenditori, ha avuto il suo epilogo ieri mattina, quando il giudice, su stessa richiesta del pubblico ministero, ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, i cui tempi sono stati stati accorciati dalla sentenza della Corte Costituzionale, datata ottobre 2006. Anni di indagini, migliaia di trascrizioni, arresti, interrogatori e confessioni, tutto alle ortiche.

Già nel ’95-’96 gli investigatori di Guardia di finanza e Squadra mobileavevano cominciato a lavorare su un’evasione fiscale che utilizzava l’ormai oliato meccanismo delle triangolazioni con San Marino. Procedendo nell’inchiesta, si erano resi conto però che a differenza delle volte precedenti, non avevano a che fare soltanto con i ‘soliti noti’, ma che all’origine di tutto c’era la grande distribuzione. Nomi illustri, quelli che nel febbraio del 2000 erano finiti in manette. Primo fra tutti, Corrado Sberlati, presidente dell’Alfa Alimentari Spa di Forlì (Mar Più e Vip), Enrico Arizzi, ex direttore generale della Corial, protagonista, anni prima, di una gambizzazione rimasta avvolta nel mistero. Eppoi i sammarinesi, gli onnipresenti Flavio Pelliccioni, Silvano De Biagi, Alfio Boldreghini e Sil vano Muscioni. Oltre a una serie di imprenditori italiani e ‘teste di legno’, a cui erano intestate le società ‘fantasma’.

L’evasione fiscale ricostruita dagli inquirenti aveva dimensioni stellari. Dopo le verifiche effettuate su 400 società, 30mila fatture e centinaia di conti correnti passati al setaccio, finanzieri e poliziotti avevano quantificato un’evasione all’Iva di 140 miliardi delle vecchie lire, con 1000 miliardi di fatture emesse. Il meccanismo era lo stesso, fino a quel momento sperimentato in dimensioni più ridotte. Il giro coinvolgeva quaranta società italiane, venti estere (Austria, Germania e Olanda), e una quindicina del Titano. Attraverso il passaggio, anche più volte ripetuto delle società commissionarie di San Marino o europee (le prime filtro, destinate a sparire senza versare l’Iva) e le seconde fltro, consentiva alla grossa distribuzione di ricomprare la merce che aveva venduto all’inizio a un prezzo più basso. Il passo successivo, secondo gli inquirenti, era poi quello di rimetterle sul mercato con un abbassamento del costo che andava dall’8 al 12 per cento, lasciandosi alle spalle un bel po’ di concorrenza. Il ‘filone’ che tirava di più (da sempre) era quello dei liquori, ma poi, con l’avvicinarsi del 2000, il ‘gruppo’ aveva investito sul grande business dello champagne.

Gli imputati erano diventati alla fine oltre sessanta. Alcuni di questi hanno patteggiato strada facendo e alla sbarra, al processo che si era aperto il 21 novembre 2005, ne erano finiti 37, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, finalizzata alla frode fiscale e alla truffa ai danni dello Stato.

Condividi su:

Puoi leggere questo articolo gratuitamente grazie al contributo di

Articoli correlati

Panoramica privacy
Insider.sm

Questo sito utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie vengono memorizzate nel tuo browser e svolgono funzioni essenziali, come riconoscerti quando torni sul nostro sito e aiutare il nostro team a capire quali sezioni trovi più interessanti e utili.

Cookie strettamente necessari

I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.

Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.