Il dibattito in Consiglio Grande e Generale sul caso del cittadino sammarinese condannato per abusi sessuali su minori ha visto l’opposizione affondare colpi durissimi. Tra tutti, l’intervento di Matteo Casali (Repubblica Futura) è stato il più esplosivo: parole che hanno gelato l’Aula e acceso l’opinione pubblica.
“Il condannato definitivamente a 4 anni e 4 mesi in Italia per violenza sessuale aggravata e continuata su minori non solo a San Marino circolava liberamente, ma addirittura beneficiava di un lavoro temporaneo presso gli asili nido della Repubblica” – ha tuonato Casali.
Una denuncia che pesa come un macigno, perché mette in luce il punto più inquietante di tutta la vicenda: mentre in Italia lo stesso soggetto era interdetto da qualsiasi incarico in ambito scolastico, a San Marino lo Stato gli apriva le porte degli ambienti più delicati, quelli frequentati dai bambini.
Casali non ha risparmiato critiche al Congresso di Stato e in particolare al Segretario alla Giustizia, Stefano Canti, accusando la sua relazione di essere “piena di incongruenze e giustificazioni”. “Sono stato sinceramente tentato di fermarmi alla prima pagina della relazione – ha detto – perché già lì si intravedeva il tentativo di mettere le mani avanti, parlando di campagne mediatiche e disinformazione invece di assumersi responsabilità”.
Durissimo anche il giudizio sulla gestione istituzionale: “L’evidente inerzia delle istituzioni ha esposto i bambini a un rischio inaccettabile. Sarebbe bastato chiedersi quale lavoro facesse il soggetto per allontanarlo subito dagli asili nido.”
Infine, l’affondo più diretto: “L’arresto è avvenuto solo grazie alle forze italiane. Per noi, invece, resta l’ennesimo smacco alla considerazione e all’affidabilità del nostro Paese.”
Le parole di Casali hanno trovato eco in un’Aula già attraversata da rabbia e indignazione. Ma è evidente che la denuncia di RF tocca il nervo più scoperto: come ha potuto San Marino mettere un condannato per pedofilia a contatto con i suoi bambini?