Sembra un bando, ma pare un vestito. Cucito. Su misura. Per qualcuno.
Ci scrivono, ci chiamano, ci sollecitano. E noi, come sempre, diamo voce ai cittadini. Perché la trasparenza non è una parola da manifesto, è un dovere. Parliamo del bando n.2/2025 pubblicato dall’Istituto per la Sicurezza Sociale, per la selezione del Direttore della UOC Disabilità. Un incarico delicatissimo. Una responsabilità enorme. Eppure…
Eppure, nel bel mezzo delle “modalità di valutazione”, spunta un passaggio che ha lasciato molti interdetti, e non a torto. Alla lettera D) si legge:
“Elementi di autorevolezza comprovati da pubblicazioni scientifiche, attività formative e di docenza svolta e ulteriori esperienze professionali ritenute di rilievo.”
Autorevolezza? Ma cosa vuol dire, esattamente? E chi la decide? E con quali criteri viene misurata?
Perché, vedete, questa parola che suona così bene — così nobile, così istituzionale — nella realtà non è un criterio: è una scappatoia. È un modo per dire tutto e niente, per premiare chi vogliono loro, senza dover spiegare troppo. Una foglia di fico per coprire l’arbitrio. È un “timbro” che può essere messo su chiunque… purché amico, vicino, conosciuto.
Ma allora diciamolo chiaro: è questo il modo di scegliere le figure apicali di un ente come l’ISS? È così che si costruisce fiducia nella sanità pubblica?
Durante il dibattito consiliare sul fabbisogno del personale ISS, molte forze politiche — anche di maggioranza — avevano chiesto criteri più oggettivi, più solidi, più trasparenti. Titoli accademici, esperienze documentate, concorsi con punteggi chiari. Tutto vero. Tutto condivisibile. Ma poi? Poi arriva questo bando, e si fa finta di nulla. Il solito gioco delle tre carte. Le parole cambiano, ma i metodi no: si favorisce il solito nome, si chiude la porta a chi ha studiato, lavorato, dimostrato sul campo.
Così l’ISS non si salva. Così non si cambia nulla. Così si continua solo a perdere fiducia.
E mentre i cittadini aspettano una sanità più giusta, più moderna, più professionale, e mentre i veri esperti restano fuori dalla porta, qualcuno si prepara a sedersi sulla poltrona… grazie alla sua “autorevolezza”.
Noi non ci stiamo. Noi ve lo diciamo. Perché un bando non può essere un passaporto per l’amico, deve essere una selezione vera. Perché un sistema che premia la fedeltà invece della competenza è un sistema che sta già crollando. E perché — con buona pace dei soliti noti — la Repubblica non è una segreteria privata. È di tutti.
INSIDER continuerà a vigilare, parola per parola, bando per bando. E a dire ad alta voce quello che troppi sussurrano nei corridoi.