L’Associazione Treno Bianco Azzurro (ATBA) interviene con un comunicato per chiarire la propria posizione in relazione all’interpellanza apparsa sui giornali e presentata dal Movimento Rete sul tema del museo – o mostra – dedicato alla storia ferroviaria sammarinese. L’associazione premette un elemento per essa fondamentale: “Associazione Treno Bianco Azzurro, associazione regolarmente iscritta dalla data della sua fondazione nel giugno 2011 ha sempre confermato il punto statutario ‘associazione apolitica e apartitica’”, precisando di ritenere opportuno ribadire tale principio anche alla luce delle citazioni indirette contenute nel dibattito politico in corso.
Pur non entrando nel merito dell’interpellanza rivolta al Segretario di Stato Pedini Amati, ATBA sceglie di concentrarsi sull’aspetto museale e di proporre una riflessione sul proprio operato. Nel comunicato viene ricordato come dal 2011 l’associazione abbia recuperato, grazie ai membri del Direttivo e in particolare a Yuma Terenzi, numerosi oggetti provenienti dalla motrice e dalle carrozze del vecchio treno: materiali “presi, custoditi, ‘rubati’ nei decenni scorsi”, poi impiegati nel restauro dell’elettromotrice AB 03 o conservati nella mostra che per alcuni anni aveva sede in via del Voltone.
La mostra, spiegano, era gestita dai volontari e aperta gratuitamente al pubblico, alle scuole e a gruppi su richiesta. ATBA sottolinea di aver scelto autonomamente di chiuderla, nonostante l’affitto calmierato, per indirizzare le risorse verso interventi di recupero e tutela del materiale ferroviario, come restauri, tendaggi e carrelli. Da allora l’associazione utilizza gli spazi, già dell’ex barbiere del piazzale Stazione, dove è stata allestita la “mostrina ATBA”, un’esposizione ridotta rispetto alla precedente, accessibile su appuntamento. ATBA puntualizza: “Questa Mostrina, come la precedente è aperta al pubblico su appuntamento, su richiesta e non come un classico museo” anche per l’impossibilità di mantenere personale fisso.
All’interno dello spazio espositivo trovano posto il plastico ferroviario degli anni Ottanta realizzato da Massimiliano Marchetti e donato ad ATBA, una vetrina con oggetti recuperati negli scavi, compresi materiali lasciati dagli sfollati in galleria durante la guerra, documenti, quadri, riviste e altri reperti ferroviari. Una parte dell’oggettistica è invece custodita nella sede storica dell’associazione. ATBA osserva che “non c’è nessuna iscrizione museo o mostra, ma è obbligatorio?”, ritenendo che l’assenza di una formale denominazione non riduca il valore dello spazio.
Il comunicato rileva come, nelle ricostruzioni apparse a corredo dell’interpellanza, non siano stati menzionati altri interventi realizzati dall’associazione, quali il recupero dei cippi di confine lungo il vecchio tracciato e il restauro del carrello porta motori collocato presso l’unico palo ferroviario superstite, accompagnato da un pannello esplicativo. ATBA sottolinea che tali elementi “credo facciano parte di una mostra o museo all’aperto” e siano ormai apprezzati anche dai visitatori che raggiungono il capolinea dei bus.
Senza entrare nelle considerazioni riguardanti la palazzina “bagni” citata nell’interpellanza, l’associazione solleva una riflessione più ampia, domandando come mai, in tanti anni, non siano stati individuati spazi pubblici idonei alla valorizzazione del patrimonio ferroviario: “Noi saremmo lieti di donare tutto il materiale e documentazioni, ma la mostra o museo non deve poi finire in un capannone o nelle varie sedi statali”. Viene ricordato come alcuni pezzi storici fossero stati ritrovati proprio da ATBA in depositi statali dove rischiavano di essere dimenticati.
L’associazione ribadisce che la propria attività nasce da passione e volontariato, non da logiche politiche: “Queste critiche tra politici mettono al centro un gruppo di persone […] che si fanno il famoso ‘mazzo’ […] per una passione di storia, di cultura, che SOLO ATBA porta avanti”. Nel comunicato emerge anche un tono ironico, quando i volontari descrivono ATBA come una “piccola Fondazione FS Italiane”, richiamando il rapporto di collaborazione instaurato negli anni con le Ferrovie dello Stato e il supporto offerto dal direttore Cantamessa.
La nota prosegue ricordando la soddisfazione per l’interesse dimostrato nel tempo dai visitatori, dalle scuole e dai turisti, a prescindere dal numero, considerato comunque un risultato: “fossero state 5000, 2000 o pure solo 1 o 2 le persone […] è un piacere, anche perché abbiamo portato la conoscenza di questa opera”. Tra i ricordi evoca anche la testimonianza della signora Fontanelli di Varese, che nel 1994 tornò a San Marino per ringraziare il Paese per l’aiuto ricevuto durante la guerra.
Nelle parte finale, ATBA invita esplicitamente a non trascinare l’associazione nelle dinamiche politiche e conferma la propria disponibilità al dialogo: “ATBA non è contro nessuno ed è al contrario sempre disponibile ad un incontro e anzi invita a venire a visitare la mostra”. Allo stesso tempo esprime la frustrazione derivante da anni di lentezze burocratiche e scarso riconoscimento del lavoro svolto: un clima che, ammettono, ha più volte messo l’associazione di fronte all’ipotesi di cessare l’attività. Tuttavia, la motivazione a continuare arriva dall’interesse di studiosi, appassionati e bambini che si avvicinano alla storia ferroviaria sammarinese.
Il comunicato si chiude ricordando che il museo o mostra è interamente curato dai volontari, come “in primis il Vicepresidente Terenzi conosciuto come Yuma, ma anche Oscar, Matteo, Paolo, Giuseppina, William e il sottoscritto Presidente ATBA Alessandro”, e ribadendo il disagio di vedere l’associazione coinvolta in questioni politiche che nulla hanno a che fare con il lavoro di recupero storico portato avanti negli ultimi quattordici anni.




