Accordo di associazione UE, in Consiglio l’appello all’unità di Mussoni (PDCS)

da | 21 Nov 2025

La seduta del Consiglio Grande e Generale di oggi si è aperta con le relazioni dei Segretari di Stato agli Interni e agli Affari Esteri circa le azioni necessarie a gestire le nuove disposizioni derivanti dall’Accordo di Associazione all’UE.

Tra i vari interventi, quello di Francesco Mussoni (PDCS): Ringrazio i Segretari di Stato che sono intervenuti per descrivere e illustrare questo importante lavoro che viene posto all’attenzione dell’aula. Devo dire che è un lavoro che ci porta consapevolezza sull’entità, sull’importanza, sulla profondità del passo che stiamo per fare. Credo sia la prima volta che arriva in aula consiliare un lavoro così pratico e serio, che ci dà la possibilità di programmare, e questo mi fa molto piacere perché sono mesi che viviamo, come ha detto il Segretario Beccari, un po’ in sospensione, dove il problema sembra la firma, dove il problema sembra “lo facciamo o non lo facciamo”. Devo dire che questo mi preoccupa molto, nel senso che noi dobbiamo fare esattamente quello che stiamo facendo questa mattina: dobbiamo già entrare su come organizzare i lavori del Parlamento per recepire, su come organizzare la macchina pubblica, su come metterci in una logica culturale e politica europea. Perché il dato della firma è un dato che arriva, arriva perché è nella logica delle cose.

Ritengo che la maggioranza del paese, le categorie economiche, le forze politiche, i parlamentari, la società civile, la stragrande maggioranza del paese vuole questo percorso con l’Unione Europea. Poi chiaramente ci sono anche punti di vista diversi, ed è normale, siamo in democrazia, però ci arriva questo messaggio chiaro dalla popolazione e dalle istituzioni. Questo ci dà forza. Ci dà forza perché non possiamo cadere nell’errore del 2005, quando dovevamo firmare l’accordo contro le doppie imposizioni e anche quella volta qualche difensore di orticelli privati iniziò ad alzare problemi, questioni, paure: la trasparenza, la ratifica, l’Italia, la sovranità. Alla fine, a un certo punto, salta l’accordo e noi ci siamo trovati per dieci anni in blacklist, isolati dal rapporto bilaterale e anche dal mondo, perché poi ha avuto un effetto tragico a catena.

Io non credo che quella sia la situazione che viviamo oggi, però un sentimento che nasce da sotto, da qualche parte che non si capisce, c’è. Allora faccio un invito all’aula da semplice consigliere, da uomo che da un po’ di anni è nelle istituzioni. Faccio un invito all’aula: uniamoci. Uniamoci perché il paese è più unito. Dobbiamo unire quest’aula. Non è rivolto solo alla maggioranza, è rivolto a tutti. Dobbiamo unirci, far sentire il coraggio di questo percorso, far sentire che noi ci crediamo, far sentire che siamo entusiasti di questo percorso. Dobbiamo essere entusiasti. Uscire da un isolamento culturale, uscire da un isolamento politico di questi anni, andare in una dimensione più grande. Accettare la sfida della modernizzazione, del cambiamento, di essere aiutati a cambiare anche i nostri difetti storici, e parallelamente lavorare sul rafforzamento della nostra identità statuale e delle nostre tradizioni, perché il percorso di associazione ci porterà a essere paese terzo. Noi siamo e restiamo paese terzo, non siamo paese che entra nell’Unione Europea. Le nostre istituzioni resteranno le nostre istituzioni. Noi accederemo al mercato per convenienza nostra e per visione. Questo però non ci deve far abbassare la guardia sull’identità sammarinese. Questo è il tema.

Dobbiamo lavorare sì per il recepimento delle norme, come dicono i nostri Segretari di Stato, e molto bene l’hanno scritto, ma dobbiamo da questo percorso iniziare a lavorare sull’identità nazionale, sul rafforzamento della nostra consapevolezza nazionale. Se pensate a cosa è successo nel nostro recente passato, noi abbiamo abbassato la guardia sulla sanmarinesità, sulla nostra identità culturale. Pensate solo che in passato facemmo investimenti all’estero per una quota esagerata del nostro patrimonio economico e finanziario, sottovalutando il fatto che eravamo un altro paese, un’altra identità, un’altra realtà.

Con questo passaggio — e poi chiudo perché vado forse anche fuori tema — dobbiamo lavorare sul recepimento delle norme, organizzarci; siamo un po’ in ritardo ma possiamo recuperare, e dobbiamo aprire un cantiere di lavoro sull’identità nazionale e sulle nostre istituzioni. Pensiamo solo al diritto comune, che sembra obsoleto ma invece è il vero diritto. L’Europa sta andando verso un diritto comune europeo per certi aspetti. Non si parla più di codificazione in Europa. Allora lavoriamo sulla nostra identità, che è il vero modo per proteggerci e mantenere viva la nostra identità, e lavoriamo sull’organizzazione politica e istituzionale per il recepimento di questo importante accordo, sapendo però due cose molto chiare. Uno: restiamo paese terzo. Due: accediamo a un mercato economico. Tre: questo ci apre, secondo me, un dibattito importantissimo dal punto di vista culturale, di apertura, di ragionamento. Noi adesso abbiamo uno schema San Marino–Italia, ma magari non approfondiamo neanche cosa succede in Italia, magari non sappiamo bene cosa succede in Italia in termini di cittadinanza comune. Domani non è più così. Domani apriremo un orizzonte di ventisette paesi, e questo è interessante, ma questo esalta la nostra identità e la nostra sovranità.

È chiaro che questa è la sfida, questa è la paura che legittimamente anche una minoranza può avere. Questa è la paura che legittimamente può avere anche un parlamentare, un consigliere di questa Repubblica. Però, signori, abbiamo alternative noi in questo momento storico e politico? Io credo di no. Allora credo che dobbiamo unirci e andare avanti in modo molto deciso. Poi ci sono i dettagli tecnici, e dovremo supportare, se ci sono temi tecnici, la soluzione dei temi tecnici, ma non perdiamo di vista l’obiettivo.

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