Si è svolto ieri, nell’ambito della Commissione per le riforme istituzionali, un importante ciclo di audizioni che ha visto protagonisti la Giudice d’Appello Dott.ssa Valeria Pierfelici, il Commissario della Legge Fabio Giovagnoli e il Giudice presso la Corte europea dei diritti dell’uomo Dott. Gilberto Felici.
Un confronto di alto profilo che ha messo in evidenza i diversi punti di vista dei tre magistrati sul futuro della giustizia sammarinese, sul rapporto con il diritto europeo e sulle prospettive di riforma del sistema giudiziario.
Aprendo i lavori, Valeria Pierfelici ha ancorato il dibattito alla specificità dell’ordinamento sammarinese e al sistema delle fonti.
“Ogni riforma a San Marino deve tenere in considerazione la specificità dell’ordinamento e delle sue fonti”, ha dichiarato, criticando quella che ha definito “ideologia positivistica” e una gerarchia delle fonti “mutuata da modelli esterni”.
Ha richiamato la centralità delle consuetudini e del diritto comune come serbatoio “di principi, non di precetti”, sottolineando la coerenza con la Rule of Law europea e con l’articolo 1 della Dichiarazione dei Diritti.
In vista dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea, Pierfelici ha indicato due priorità: formazione e tecnica legislativa.
“Andiamo tutti a scuola”, ha esortato, proponendo una “cabina di regia culturale” e testi unici normativi, oltre al recupero delle finalità di legge e di glossari.
“Se c’è una cosa che non dobbiamo più fare è imitare”, ha concluso.
Nel suo intervento, Fabio Giovagnoli ha inquadrato l’intero cantiere riformatore nel perimetro dei valori europei.
“Lo sforzo richiesto è declinare i principi del Rule of Law in un contesto microdimensionale”, ha affermato, indicando per il Consiglio Giudiziario una composizione mista togati–laici, con competenze sullo status dei magistrati e presidi etici e deontologici.
Ha valorizzato la trasparenza e pubblicità delle sedute, “eccettuate le materie disciplinari”, e ha sostenuto la necessità di un dialogo cauto con la Commissione Affari di Giustizia per evitare interferenze.
Sulle incompatibilità, ha ricordato “l’obbligo di immediata astensione” e la necessità di nomine ben calibrate anche per i membri laici.
Critico verso i modelli di sorteggio, ha sottolineato che “i membri devono esprimere legittimazione e merito; l’estrazione rischia di sostituire la fiducia con il caso fortuito”.
Quanto all’architettura delle garanzie, Giovagnoli ha difeso la scelta di coinvolgere la Reggenza nelle decisioni su astensioni e ricusazioni, considerandola un “congegno di bilanciamento” adeguato alle dimensioni del sistema.
Ha concluso il ciclo di audizioni Gilberto Felici, che ha invitato alla prudenza costituzionale.
“Sono contrario a riforme frequenti; i diritti non si cambiano per qualsiasi cosa”, ha detto, definendo “intoccabile” l’articolo 1 della Dichiarazione: “siamo tra i pochi ad affermare la prevalenza dei trattati sui diritti fondamentali”.
Ha giudicato “adeguata” l’attuale impostazione dell’articolo 5.
Sul funzionamento della giustizia, Felici ha richiamato l’indipendenza come cardine dello Stato di diritto e ha proposto di valutare un ricorso costituzionale diretto, sul modello tedesco o austriaco, per rafforzare i rimedi interni: uno strumento che “sprona la comunità forense a impegnarsi sui diritti fondamentali”.
Ha espresso un giudizio positivo sulla riforma del 2021 – che ha visto l’uscita dei politici attivi dal Consiglio Giudiziario e la tipizzazione della responsabilità disciplinare – ma ha sollecitato l’approvazione di una “legge di status” chiara per i magistrati, comprendente residenza, trattamento fiscale e indennità, a tutela della fiducia pubblica.
Sul giudice di terza istanza penale, ha messo in guardia dai rischi di concentrazione, parlando di una “potenziale deriva ‘monocratica’”, e ha difeso il ruolo della Procura del Fisco come presidio “dell’intenzione del legislatore”.
Infine, sul tema dell’Ombudsman, Felici ha osservato che “una garanzia in più è tendenzialmente meglio, ma senza risorse rischia di diventare uno sportello reclami; meglio cumulare funzioni e coordinare con la legge sul procedimento amministrativo”.




