Mentre qualcuno continua a dipingere San Marino come un Paese con la sovranità limitata e “bloccata” dall’Europa, ieri è arrivata la prova contraria: il Congresso di Stato ha approvato la delibera con cui la Repubblica riconosce ufficialmente lo Stato di Palestina, atto che il Segretario agli Esteri Luca Beccari annuncerà al mondo durante il suo intervento all’ONU.
Una scelta che non arriva dal nulla, ma dal percorso di un anno intero, costruito con serietà diplomatica e rispetto delle procedure istituzionali: prima il passaggio in Consiglio, poi la formalizzazione in Congresso. Un iter che conferma che San Marino non si limita ad “aderire” a decisioni altrui, ma prende posizione con piena autonomia su un tema delicato e di rilevanza mondiale.
Beccari ha chiarito che la decisione non è contro Israele, ma a favore del principio dei due popoli, due Stati, nel rispetto delle risoluzioni ONU e di una convivenza pacifica. Non una bandierina ideologica, ma un atto di neutralità attiva: non scegliere un campo contro l’altro, ma difendere il diritto di entrambi i popoli ad avere uno Stato e a vivere in sicurezza. Una linea equilibrata, lontana tanto dal cinismo geopolitico quanto dalla retorica di parte.
È un segnale forte: San Marino può essere piccolo, ma quando parla alle Nazioni Unite lo fa con la credibilità di chi sa mantenere la coerenza tra storia e presente. Il riconoscimento della Palestina non è solo diplomazia, ma anche un modo per ribadire che il Titano esercita pienamente la sua sovranità. Altro che limitazioni dall’Europa: qui si è dimostrato che la politica estera del Paese è autonoma, responsabile e coraggiosa.
Chi critica l’azione di Beccari come una mossa simbolica dovrebbe domandarsi piuttosto cosa significhi, per un micro-Stato, essere in grado di incidere nei fora multilaterali e mantenere una posizione rispettata a livello internazionale. Non è “contare poco”, è saper contare nel modo giusto, quando serve.
E così, mentre le grandi potenze si arrovellano tra tattiche e interessi, San Marino ha dato una lezione semplice ma potente: la sovranità non si misura in chilometri quadrati, ma nella capacità di affermare una scelta, autonoma e coerente, davanti al mondo intero.