A un metro dal traguardo: cosa succede se San Marino ora si tira indietro? – L’editoriale di Francesca Devincenzi

da | 15 Lug 2025

Ci sono momenti in cui la storia non ammette ambiguità.

Questo è uno di quei momenti.

San Marino è a un passo dalla firma dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, dopo quindici anni di trattative, governi, viaggi, incontri diplomatici, rinvii, aggiustamenti, e — diciamolo chiaramente — anche un bel po’ di fatica collettiva.

E proprio adesso, quando l’obiettivo è davanti agli occhi di tutti, qualcuno — con colpevole leggerezza o calcolo politico — propone di fermarsi. Di fare marcia indietro. Di tirarsi indietro.

No. Non è accettabile. E non solo per una questione tecnica o economica. Ma per una questione di dignità istituzionale, di rispetto verso il mandato popolare e di credibilità internazionale.

Tutti i governi lo hanno voluto. Tutti.

Chi oggi gioca a fare il “difensore del dubbio” dovrebbe ricordare che tutti i governi degli ultimi quindici anni — centro, sinistra, destra, coalizioni arcobaleno — hanno portato avanti questo accordo, senza eccezioni.

E dovrebbe anche ricordare che le ultime elezioni si sono svolte con un messaggio chiarissimo:
🔹 chi voleva firmare l’accordo è stato premiato alle urne,
🔸 chi proponeva ambiguità, rinvii o “altri modelli” è rimasto fuori.

Oggi tornare indietro significa tradire quel mandato.
Non c’è un’altra parola.

 

Il danno è incalcolabile: fuori da tutto, fuori da tutti

Chi pensa che “non firmare” significhi restare fermi dove siamo, si illude.
Non firmare non è uno stop neutro. È un salto nel vuoto.

È diventare il Paese che dopo 15 anni chiede, ottiene, negozia, scrive… e poi si tira indietro.
Il Paese che spacca la parola data.
Che manda all’aria anni di lavoro diplomatico e tecnico.

Conseguenze?

  • L’UE chiude la porta. Non per 6 mesi. Per anni.
  • L’Italia ci guarda e si fa delle domande molto serie.
  • Le imprese europee capiscono che con noi non si può pianificare niente.
  • I nostri imprenditori e professionisti vengono bollati come “extra UE” a vita.

E la domanda diventa:
Chi vorrebbe mai firmare un contratto con un partner che si tira indietro all’ultimo minuto?

 

Senza accordo, il Paese resta in mezzo al nulla

Senza accordo:

  • Non abbiamo accesso al Mercato Unico.
  • Le nostre imprese restano intrappolate in un mercato piccolo, lento, burocratico.
  • Non possiamo partecipare ai programmi europei su innovazione, digitale, formazione, PMI.
  • I nostri giovani non vanno in Erasmus.
  • I nostri medici non possono usare standard europei.
  • Le nostre aziende non possono accedere a bandi pubblici europei.

Siamo una barchetta fuori dalla rotta, in un mare dove tutti gli altri navigano assieme da decenni.

 

Non firmare sarebbe irrazionale. E imperdonabile.

San Marino non è obbligato a firmare. Ma non è più nelle condizioni di fingere che non firmare non abbia conseguenze.

Fermarsi ora sarebbe:

  • un atto di miopia politica,
  • un’offesa al lavoro di chi ci ha creduto,
  • un danno strategico per tutto il Paese,
  • una sconfitta davanti all’Europa,
  • una figuraccia epocale.

E sì: una figura di merda, a livello internazionale.

 

 O adesso o mai più

L’Accordo non è perfetto. Nessuno lo è. Ma è il miglior compromesso possibile tra sovranità e integrazione, tra identità e opportunità.
Ci lascia liberi su ciò che conta — immigrazione, difesa, aborto, moneta, fiscalità.
E ci apre le porte su ciò che serve: mercato, impresa, lavoro, conoscenza, futuro.

Chi oggi vuole rinunciare, non lo fa per il bene del Paese.
Lo fa per paura, per interesse personale, o peggio: per convenienza elettorale.

E allora, come giornalisti, cittadini e osservatori, una cosa va detta:

 Tirarsi indietro adesso non sarebbe una scelta. Sarebbe un errore storico.

E San Marino — un Paese con 1700 anni di storia — non può permettersi un errore così stupido.

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