Non è questione di essere favorevoli o contrari: l’unica cosa davvero urgente è spiegare bene cosa contiene l’accordo

da | 7 Lug 2025

Chiedere oggi un referendum sull’accordo con l’Unione Europea può sembrare una prova di democrazia. Ma senza una campagna seria di informazione pubblica, senza che i cittadini conoscano davvero i contenuti dell’accordo, quel voto rischia di essere solo uno sfogo ideologico. La vera priorità ora è spiegare: cosa prevede l’accordo, cosa comporta, cosa cambia e cosa no.

L’Accordo di Associazione con l’UE non è un ingresso nell’Unione. Non è un’adesione. È un pacchetto complesso di intese tecniche che riguarda ambiti molto diversi: commercio, fiscalità, giustizia, ambiente, servizi digitali. Nessuna di queste voci, da sola, riassume tutto. E nessuno, in buona fede, può ridurre l’intero contenuto a una domanda secca a cui rispondere con un “sì” o con un “no” immediato.

Questo non significa che i cittadini non siano in grado di giudicare. Significa che nessuno oggi è stato davvero messo nelle condizioni di farlo con consapevolezza. Un referendum – se ci sarà – deve essere l’ultimo passaggio di un processo informativo, non il primo. Perché un Paese maturo si confronta, discute, ascolta, e solo dopo prende posizione. Non decide alla cieca.

Oggi, invece, siamo in un clima polarizzato, in cui le posizioni sono spesso più emotive che ragionate. E questo è comprensibile: l’accordo non è ancora stato illustrato in modo chiaro, accessibile, trasversale. Mancano documenti divulgativi, sintesi affidabili, incontri pubblici pensati per tutti, non solo per gli addetti ai lavori. Mancano i fondamentali della comunicazione istituzionale.

Per questo, l’unico atto di responsabilità possibile – da parte della politica e di chi ha lavorato all’accordo – è lanciare una grande campagna di informazione pubblica, a tutti i livelli. Con linguaggio semplice, esempi concreti, confronto aperto. Serve spiegare cosa accade se si firma, cosa accade se non si firma. Serve spiegare che cosa San Marino otterrà, a cosa dovrà adattarsi, in quali ambiti potrà uscire in caso di difficoltà.

Perché, ed è un punto fondamentale, l’accordo prevede una clausola di salvaguardia. In altre parole: San Marino ha la possibilità – dopo l’entrata in vigore – di valutare l’effettivo impatto dell’accordo e, se necessario, di rivedere la propria posizione. Questa clausola consente al Paese di vivere l’accordo, valutarlo con dati alla mano, e semmai tornare a coinvolgere i cittadini su basi concrete. È questo il vero strumento democratico: non una scelta alla cieca, ma un controllo consapevole nel tempo.

Il referendum, in quel contesto, avrebbe pieno senso. Ma solo dopo una fase di attuazione, verifica e confronto reale. Non come arma politica per fermare tutto prima ancora di iniziare.

San Marino ha la forza, la storia e gli strumenti per affrontare questo passaggio in modo adulto. Ma servono meno slogan e più contenuti. Meno paura e più conoscenza. Perché la libertà si esercita davvero solo quando si ha capito cosa si sta scegliendo.

Condividi su:

Puoi leggere questo articolo gratuitamente grazie al contributo di

Articoli correlati

Panoramica privacy
Insider.sm

Questo sito utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie vengono memorizzate nel tuo browser e svolgono funzioni essenziali, come riconoscerti quando torni sul nostro sito e aiutare il nostro team a capire quali sezioni trovi più interessanti e utili.

Cookie strettamente necessari

I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.

Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.